Schermo
Schermo. Dispositivo dalle molteplici applicazioni (dal cinema allo smartphone, per il quale
tuttavia più correttamente si parla di display, e molte le superfici che possono fare da supporto). Si
interpone tra l’occhio e la realtà e, come proiettore di immagini, mette in relazione, lascia vedere.
Separa e connette, è superficie che fa apparire e può ingannare come semplice apparenza. E’
strumento per potenziare la sensibilità, iscrivere in sé immagini che, non-concettualmente, danno a
vedere prima e più di ogni parola o discorso, ma può essere strumento per de-sensibilizzare e
produrre indifferenza e pensiero omologato, può generare immagini più deperibili e più povere
rispetto alle ‘immagini’ suscitate dalla parola. E’ potente mezzo per un ‘pensiero’ sincretico ricco
non di sole immagini, ma di ‘segni’ visivi, auditivi, di movimento, amplia le capacità percettive e
può farsi portatore di una temporalità narrativa complessa e articolata, oppure divenire strumento
che appiattisce ad un presente senza storia e senza tempo. Uno studioso, Mauro Carbone, ne traccia
la fenomenologia e ne fa dispositivo dalle caratteristiche trascendentali, cioè condizione per la
conoscibilità (per la visione e percezione) del mondo. Già Platone, nel mito della caverna, ne
utilizza il concetto, inaugurando il problema del rapporto tra verità (v.) e illusione, tra immagine e
realtà (ideale). Ma il concetto di schermo parrebbe già presente alle origini di Homo Sapiens, ad
esempio nelle pitture di Chauvet (datate a circa 30.000 anni fa). Nelle arti visive lo schermo fin
dagli anni ’60 è stato utilizzato per innumerevoli istallazioni, in molti casi con una partecipazione
interattiva dello spettatore. Vorremmo a questo punto poter rimandare a Immagine,
Immaginazione, ma né l’una, né l’altra sono tra le parole della Rassegna, quindi arrangiatevi. (v.
anche Fare video)
Autore
Giuseppe Monterosso
Chi è io.
Maestro di scuola elementare, bellissimo mestiere, pare tra i più belli al mondo, ognuno lo capisce da solo il perché, nato in Sicilia, arrivato a Roma, all’inizio una fatica pazzesca a fare il maestro, anche se lo sai che è un mestiere bellissimo, poi invece, grazie all’incontro con coloro che mi hanno fatto capire che a fare teatro con i bambini puoi perfino provare a fare ancora meglio il maestro, uno ci prova, e un po’ è come se non ti accontentassi mai, perché il teatro con i bambini ti insegna che puoi fare ancora meglio, e così fai il maestro ma stai sempre lì a imparare, e non smetti mai.
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