Siamo esseri imperfetti. Per alcuni, questa è una verità che in un mondo veloce e frenetico come il nostro può distruggere ed annientare. Ci richiedono di essere cavalli da competizione pronti a tutto per vincere, macchine da guerra che passano sopra tutto e tutti per realizzare i propri obiettivi. Essere fragili non è contemplato, chiedere aiuto ancor meno: persino ammettere a se stessi di averne bisogno diventa frustrante.. sempre che si riesca a farlo.

Dopo poco tempo, sulla scia di chi dice che il mondo è fatto per i vincenti, per i sognatori, per gli ambiziosi, per i coraggiosi, per gli ottimisti.. ci si convince di essere troppo incapaci per viverlo, questo mondo. Il peso della responsabilità di esistere, di sopravvivere giorno dopo giorno diventa insostenibile. Vorremmo vivere altre vite, vorremmo entrare in una realtà parallela fatta di sogni e assenza di pensiero e a volte non vediamo vie d’uscita.

Invece una via d’uscita c’è ed è davanti ai nostri occhi.

Etimologicamente, il termine fragile deriva dal verbo latino frangere ossia spezzare. É incredibile come a volte il significato arcaico delle parole riveli la loro reale essenza: è fragile colui che rischia di spezzarsi, distrutto dalla vita, dalle difficoltà o semplicemente da se stesso. É fragile colui che si sente come un vaso di cristallo in procinto di cadere ed esplodere in mille pezzi. Questa possibilità lo terrorizza e per affrontarla, cosa resta in apparenza se non rendersi immuni al dolore dello schianto che si avvicina? Distaccarsi da tutto e da tutti, estraniarsi dal mondo che chiede perfezione, competizione, felicità apparente. Svuotarsi da ogni cosa.

Ma l‘unico modo per proteggersi non è certo nascondersi dietro l’apatia, rinunciando alla propria responsabilità di esistere; così come non lo è decidere di soffrire in anticipo per l’imminente perdita di sé. In fondo chi può dirsi sicuro di sapere cosa perderebbe realmente?

La via d’uscita invece, la risposta che cerchiamo, è metterci davvero alla ricerca di noi stessi e trovarci. Capire chi siamo veramente e cosa desideriamo profondamente al di là di qualsiasi vincolo o scelta imposta dall’esterno; indagare nell’oscurità che ci portiamo dentro per capire che se la percepiamo, se la sappiamo riconoscere, allora da qualche parte dovremo per forza custodire anche qualche sprazzo di luce.

Per affrontare questo viaggio interiore, prima di tutto bisogna guardarsi allo specchio e scoprirsi fragili, ammettere di essere fragili con sé stessi e con il resto del mondo, senza vergogna.

Dobbiamo imparare a ballare con la fragilità, stringerla fra le braccia in un romantico lento, guancia contro guancia. Dobbiamo imparare a dialogare con lei, a comprenderla. Ascoltarla come se fosse una vecchia amica che ci aiuta a riconoscere le crepe che attraversano la nostra anima, per sanarle ed usarle come fili di ragno in una tela: essa può aiutarci a creare un nuovo e sorprendente puzzle di noi stessi, riplasmando l’esistenza come la desideriamo.

Quando riusciremo davvero a guardarla negli occhi o addirittura ad andarne fieri portando al petto la nostra medaglia della fragilità come fosse una medaglia al valore: allora potremo seguire la mappa delle nostre debolezze e scoprire tutta la bellezza che esse celano, che noi celiamo, ovvero… chi siamo!