Chi sono quando nessuno mi vede? Chi sono quando decido di spogliarmi dei miei abiti sociali? O meglio, posso spogliarmi di questi abiti?

Siamo talmente tanto abituati ad essere costantemente osservati che diventa sempre più difficile comprendere chi siamo, cosa amiamo, cosa desideriamo quando nessuno ci osserva. Chi siamo quando nessuno può esprimere un’opinione su ciò che facciamo? Chi siamo quando nessuno riconosce il nostro valore? Quando nessuno ci dice che siamo bravi?

Ognuno di noi vive in relazione ad un concatenarsi di ruoli, che fin dalla nostra nascita si stanziano in noi. Ed allora diventiamo figli, studenti, nipoti, amici. Poi cresciamo e i ruoli della nostra vita crescono con noi, cambiano e ne nascono di nuovi. Ed allora diventiamo anche genitori, lavoratori, professionisti e molto altro ancora.

Possiamo farne a meno?

No non credo. Non possiamo ignorare un ruolo che possediamo, ma il più grande problema deriva dalle miriadi di false credenze, le quali spesso si presentano come estremamente limitanti. 

Sono figlio e allora non posso non avere l’approvazione dei miei genitori in quello che faccio.

Sono lavoratore e se dovessi perdere il mio lavoro la mia essenza si perde con lui.

Sono genitore e se non sono costantemente con i miei figli non sarò un bravo padre o una brava madre.

Questi sono solo alcuni esempi delle molteplici credenze che accompagnano un ruolo. E se del ruolo non possiamo farne a meno, di queste convinzioni invece sì.

Non sono necessarie e minano la nostra autenticità. Ci rendono dipendenti da qualcosa che non ci fa bene e che si allontana dall’essenzialità. L’unica essenzialità che ci porta alla felicità.

Immaginate di camminare con uno zaino. Il vostro zaino sarà pieno di sassi e ognuno di questi sassi rappresenta una credenza rispetto ad un ruolo che possedete. Lo zaino si appesantirà e camminare verso il vostro obiettivo diventerà sempre più difficile. L’unica cosa che potete fare è togliere questi sassi dallo zaino, togliere tutte le credenze che vi rallentano così da scoprire come è più facile muoversi quando si è più leggeri, quando si è semplicempente se stessi, senza tanti condizionamenti.

Con un peso così grande sulle spalle è difficile capire chi si è nel profondo, cosa ci piace, cosa amiamo, le nostre passioni, in cosa per noi prende forma la vita. 

Se evitiamo di fare questo lavoro di liberazione del nostro zaino dei ruoli finiamo per identificarci solamente con un ruolo della nostra vita perché è più facile e più immediato. Così ci ritroviamo a cene dove la prima domanda che ti fa una persona mai vista prima è “che lavoro fai?” o “Hai figli?”. Ci siamo purtroppo disabituati ad interessarci a cosa amano le persone, a scoprire quali siano le loro speranze  e i loro sogni, perché in primis noi non li conosciamo in noi stessi.

Allora vi chiedo di provare a fare una cosa. 

Andate in un ambiente naturale, mettendo gli abiti che più vi fanno sentire a vostro agio, respirate profondamente e prendetevi 30 minuti per voi. 

Vi chiedo di farlo nella natura perché in essa ci sono le nostre origini, la natura è scritta nei nostri geni e perchè possediamo una sorta di inconscio ecologico, di cui magari parleremo in un altro articolo, che attiva e stimola la consapevolezza della nostra autenticità e profonda essenzialità. Nella natura sarà più facile fare un lavoro di introspezione e di riflessione in quanto possiede il grande potere di far emergere, quasi come per magia, i pensieri e le emozioni più nascoste che spesso ignoriamo.

Dedicatevi questi momenti spesso, almeno una volta a settimana e datevi la possibilità di comprendere chi siete quando nessuno vi vede.

Aspetto i vostri racconti sui momenti da “Chi sono quando nessuno mi vede”.